Welcome to Tuttologi's Academy!

giovedì 20 settembre 2007

MONOLOGO 14.8.07

La morte sta alla vita come la pornografia sta all’amore.
Bastasse dire off.
Evitando le lacrime di quelli che restano.
Perdere lo struggente ricordo e il senso di abbandono.
Ma ricominciare a camminare e a vivere
Perchè la morte non è mai esistita.
Anestesia del silenzio.
Bastasse dire on.
Ma la vita è solo miracolo.
Il piacere può essere ricercato o evitato.
Solo la vita c’è quando s’accende al giorno.
Col suo respiro affannoso.
Con la paura della notte.
Il nostro sguardo perduto nel labirinto
Giorni e città.
Non ho paura più.
La coscienza di padre e di uomo
è sopra la morte e il dolore
è seconda solo alla sorgente
meravigliosa che disseta la vita
e la fa splendere.
Quella mattina di sole e inverno.
Quando è bastato dire amore.
Chissà se ce ne ricordiamo più.
La libertà è nei tuoi occhi
Le mie mani piene di denaro
Non valgono un minuto
Davanti al mare.
A riposarci del troppo ridere
Del lungo e periglioso viaggio.
Mangio sapendo di farlo
Bevo il nettare del vino
Mi fumo un avana
Ricordando un posto
Remoto del cuore
Assaporando la speme
Del ritorno
Perché c’è sempre quel momento
In cui la strada curva
Tu guardi il cielo
E non è più lo stesso
Nubi umide hanno coperto il sole
Il vento ha infranto il vetro
E ci siamo rifugiati dentro un bar
A guardare la tempesta lasciare
Il posto di nuovo al sereno.
Così sarà alla fine.
Perché vivere è confondere
Il ricordo col sogno
Ma conoscere benissimo
Il proprio destino.
Che non è parlare
Ma pensare.

Giuseppe Marchi

giovedì 13 settembre 2007

DIFFERENZE 1989

L’uomo muore.
E’ un pezzo di biologia
imperfetta.
L’uomo vive.
E’ un volo d’anima
Sopra i pensieri.

Giuseppe Marchi
(già pubblicato su Differenze. Cultura Duemila Editrice 1992)

giovedì 6 settembre 2007

IL VOLO LIBERO 1985

E’ un dilemma come altri.
La nostra esistenza
è una pozza d’acqua gelata.
Quanti fiumi il vento ha valicato d’un passo
e quanti crocevia di scelte abbiamo affrontato
da soli.
La vita è una città senza sole,
dalle strade smisurate
che non puoi vedere mai l’orizzonte.
Eppure il gioco, questa pietà che sgorga labile
è sempre la stessa ogni sera.
Allora per non morire
mi inventerò un giorno infinito
uno di quegl’attimi
che gli artisti dipingono nel cielo
solamente.
uno di quei voli liberi
che traccia il tuo fiore
quando cade su me.

Giuseppe Marchi
(già pubblicata su Antologia Pometina Vol.II E. Pomezia-Notizie 1986)

Fantasmi... e altri racconti

Statistiche